lunedì 19 gennaio 2009

IL MIO EDITORALE DI DOMENICA SU "LA TRIBUNA DI TREVISO"

Che strano che è un Paese dove, per ottenere qualche cosa da chi governa, bisogna sempre protestare: in piazza per difendere le pensioni ( o i privilegi da pensione, a seconda dei punti di vista), per rafforzare i diritti dei lavoratori, contro la vessazione della minimum tax prima e degli studi di settore poi; e adesso per fare sì che i Comuni continuino ad esistere.
Viviamo uno stato di minacciata ribellione perenne: se il centrodestra è all’opposizione va a fare le manifestazioni in mezzo alle strade, quando è invece il centrosinistra a stare in minoranza vanno in piazza pure loro..
In piazza ci vanno pure i sindacati, le associazioni di categoria, persino i poliziotti. Tutto come se il legislatore vivesse in un mondo proprio e non si accorgesse mai di nulla. Insomma: per avere qualche cosa, il più delle volte qualche cosa di giusto, serve gridare.
C’è stata una fase storica dell’Italia, a partire dalla metà-fine degli anni ’80, in cui la Lega si è dimostrata il partito che si è fatto carico di affrontare con decisione la distanza tra esigenze dei governati e politica dei governanti. Lo ha fatto rappresentando il Nord quando questo guardava alla Mitteleuropea mentre a Roma si parlava ancora di Cassa del Mezzogiorno (e relative “una tantum”) senza peraltro risolvere il problema del sud. Noi costruivamo il modello del Nordest, inventando e pure improvvisando tanto, mentre nella capitale si pensava alla grande industria dell’auto (casse integrazioni incluse) e a come salvare l’elefantiaca siderurgia di Stato.
La Lega gridava il bisogno, soprattutto del Nordest, di aria nuova, protestando e cercando di proporre, localmente lì dove governava. Così ha ottenuto risultati elettorali importanti, che poi ha utilizzato per puntellare le maggioranze di centrodestra nell’era Berlusconi.
Purtroppo, quella forza politica, e di popolo, non ha portato a risultati veri: vabbè, c’è la Bossi-Fini, e neppure funziona tanto bene. Ma sono 15 anni, cioè dal ’94, che si parla di federalismo imminente e non succede nulla. Peggio: l’unica riformina l’ha fatta Bassanini, al tempo un Ds. Una beffa!
Perché, all’interno dei complicatissimi equilibri di maggioranze mai tanto coese e tenute in piedi solo da Berlusconi, il Carroccio non sia riuscito ad incidere sul federalismo, che è la sua ragione sociale, è materia da politologi, anche se la verità la sanno probabilmente solo Bossi e Berlusconi.
Oggi siamo ancora allo stesso punto: ancora reduce dalla cocente sconfitta nel referendum sulla devolution, la Lega da un po’ è alle prese con l’ennesimo progetto di riforma costituzionale, quello della famosa Bozza Calderoli. Nel frattempo Berlusconi vuole impegnare il Parlamento in altro, cioè la giustizia. Nel frattempo le autonomie locali muoiono, strangolate da scelte sbagliate di politica economica e fiscale: l’abolizione dell’Ici, i criteri di determinazione dei trasferimenti, su cui pesa anche la contingenza economica che riduce le entrate a livello locale, mentre cresce il bisogno di spesa, soprattutto sociale.
Se davvero il ministro Tremonti crede davvero, praticamente solo in Europa, che questa sia soltanto una crisi da debito, e che quindi non la si cura con altro debito, è evidente perché il patto di stabilità imposto ai Comuni rimarrà un punto fermo della politica finanziaria di questo paese.
Di fronte a tanto, mentre a Roma si regala lo sforamento, e a Catania si è fatta una donazione da 140 milioni per coprire una situazione che invece di un aiutino meritava l’intervento della Corte dei Conti, la Lega oggi torna alla protesta. Ma come: invitano a sforare il patto di stabilità anche contro le concessioni alla capitale, e quei provvedimenti se li sono votati in parlamento insieme al resto della maggioranza? Che fanno, quelli del Carroccio: protestano contro se stessi?
Sembrerebbe che la formula sia quella comunista del “partito di lotta e di governo”, peccato che la lotta la facciano contro il governo di cui sono una componente importante.
Se la maggioranza non riesce a decidere su niente, a parte i regalini agli amici degli amici, che decida la Lega: via i ministri, appoggio esterno, valutazione caso per caso dei provvedimenti.
Questa, se non proprio l’opposizione, sarebbe o dovrebbe essere la scelta coerente e conseguente a quello che sta succedendo a proposito del patto di stabilità, dopo che a Roma il Carroccio vota favori alla politica di spesa della capitale, mentre a Venezia l’autorevole consigliere regionale Caner presenta un ordine del giorno per lo sforameno di tutte le amministrazioni comunali venete.
Sentire la nostalgia della Lega degli anni ’90 non è un peccato. Quella era una Lega che con il movimento dei sindaci del 20% sarebbe andata d’amore e d’accordo. Dimostrandosi tanto lucida e propositiva da risultare molto più di governo che di pura e semplice lotta. E per questa ragione molto più apprezzabile.

Paolo Camolei

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