lunedì 29 giugno 2009

FACEBOOK E DINTORNI

L'altro giorno ho messo, sul mio stato in facebook, tre domande rivolte alla comunità di amici. Solo una persona mi ha risposto, ma credo che i suoi commenti meritino di essere pubblicati anche qui.

Le mie tre domande erano:
Tra il Pd di Bersani o Franceschini, di cui non si capisce bene la linea politica, e la Pdl del Berlusconi di oggi, in deficit di liberalismo, che spazio c'è, se c'é, per un soggetto terzo, moderato e riformatore? Il referendum ha davvero bocciato il bipartitismo? Quali valori e quali istanze oggi non sono rappresentate dal bipolarismo muscolare destra-sinistra, pur essendo i bisogni della maggioranza degli italiani?

Queste sono le risposte di Donatello Negrisolo (http://www.facebook.com/profile.php?id=1186447846&ref=profile#/profile.php?id=1561312148&ref=mf)

Uno spazio potrebbe esserci se nel centro-destra ci sarà un "fuggi fuggi" ...
http://www.ft.com/cms/s/d0170a52-6120-11de-aa12-00144feabdc0,Authorised=false.html?_i_location=http%3A%2F%2Fwww.ft.com%2Fcms%2Fs%2F0%2Fd0170a52-6120-11de-aa12-00144feabdc0.html%3Fnclick_check%3D1&_i_referer=http%3A%2F%2Fwww.repubblica.it%2F2009%2F06%2Fsezioni%2Fpolitica%2Fberlusconi-divorzio-10%2Frassegna-25%2Frassegna-25.html&nclick_check=1

Non penso che il referendum abbia bocciato il bipartitismo.Temo che la questione sia molto più "terra terra": il livello medio culturale si è talmente abbassato che molti cittadini non capiscono più i contenuti dei quesiti referendari.

La 3a domanda è sicuramente la più impegnativa e la più interessante.Una delle istanze potrebbe essere il CAMBIAMENTO reale della classe dirigente.Quello del centro-destra è un cambiamento fittizio,ma è percepito come reale dalla società.Il cambiamento del centro-sinistra è talmente ipocrita e sterile che viene percepito tale qual è.
Uno dei valori di cui si avverte l'assenza è la schiettezza,tanto nei "big" locali che nazionali.

martedì 23 giugno 2009

IRAN, SABATO DI SANGUE

BALLOTTAGGI: CESA, PER UDC NESSUNA POLITICA DEI DUE FORNI

(ANSA) - ROMA, 23 GIU - l' Udc non ha adottato la politica
dei ''due forni'' in queste elezioni amministrative. Lo afferma
il segretario dei centristi Lorenzo Cesa, in collegamento
telefonico con Radio Anch'io.
In sostanza, Cesa sottolinea che le alleanze decise dal suo
partito a livello locale, con il centrodestra ed il
centrosinistra, hanno preso in considerazione esclusivamente
chi, nei due schieramenti, ha ''preso a cuore'' le proposte
dell'Udc. E questo non prefigura nessuna alleanza in vista di
altre tornate elettorali.
Cesa ha aggiunto che le scelte fatte dall'Unione di centro a
livello locale per i ballottaggi rappresentano anche la risposta
all'arroganza di qualche leader locale nei confronti dei
centristi. (ANSA).

ZUGNO? UN PASSO INDIETRO

PER TREVISO-UDC

COMUNICATO STAMPA



“Il sindaco Gobbo prenda atto del bisogno di intervenire sulla gestione della politica finanziaria del Comune”




“E’ tempo che il sindaco Gobbo prenda atto del bisogno, non rinviabile, di mettere mano alla politica finanziaria del Comune di Treviso e riportarla nell’alveo della diligenza e della perizia che servono quando si gestisce il denaro dei cittadini. Lo scontro con l’assessore regionale al Bilancio dimostra che non stiamo parlando di cose “politiche” ma tecniche, che hanno a che fare con la competenza. Non è detto che un buon commercialista sia anche un ottimo amministratore pubblico”.
Paolo Camolei, capogruppo in Consiglio Comunale di “Per Treviso-Udc” è intervenuto con queste parole per commentare la polemica a distanza, sullo sforamento del patto di stabilità da parte di Treviso , tra l’assessore al Bilancio della Regione Isi Coppola e quello del Comune di Treviso Fulvio Zugno.
“Si tratta dell’ennesimo episodio sintomatico di una gestione che non è quella di cui ha bisogno un ente pubblico. Dalle modalità e dagli esiti della trattativa sull’aeroporto all’enorme avanzo di bilancio accumulato alla fine del precedente mandato, dall’esercizio provvisorio alla pessima gestione del caso doppio canone, è chiaro che siamo in balia della confusione più totale. Il problema non è politico ma tecnico: ci si renda conto, come in passato è stato fatto con coraggio ad esempio da Gentilini, che a volte negli assessorati c’è bisogno dei operare un ricambio”.
“Non chiedo le dimissioni di Zugno, preferisco invitarlo a fare un passo indietro. Non mi interessa di mettere in difficoltà la maggioranza, perché credo che questa situazione abbia a che fare con il buon governo cittadino, non con lo scontro fra partiti. Per questo mi aspetto da parte del Sindaco, della Giunta e anche da parte di Lega e Pdl, il riconoscimento della situazione. In casi contrario, allora sì l’imperizia diventerebbe responsabilità politica, di cui rispondere alla cittadinanza. In questa fase delicatissima per i bilanci degli Enti Pubblici, la gestione finanziaria del Comune di Treviso richiede, evidentemente, maggiore efficienza. E’ un fatto a cui non si può sfuggire”.


Treviso, 22-6-2009

mercoledì 10 giugno 2009

LA LEZIONE DELLA LEGA (il mio editoriale di oggi su Tribuna di Treviso)

16 Comuni della provincia trevigiana in cui si conferma la guida di sindaci della Lega Nord, i 17 conquistati, l’effetto trascinamento - come a Paese - a beneficio di coalizioni di centrodestra, i 90 campanili su 95 in cui il Carroccio è il partito più votato sono un dato politico incontestabile che segna l’affermazione, elettorale e culturale del partito di Umberto Bossi nella Marca.
Sono anche dati che ci dicono come, nell’epoca della comunicazione politica, dell’ immagine e dello straripante effetto stampa e tivù, vince e convince, alle amministrative, il candidato di prossimità.
Paga di sicuro aver imposto, in tempo di crisi, il conflitto orizzontale sostituendolo a quello verticale.
La rivendicazione - e il malumore - non si esprimono più con modalità «di classe» dal basso verso l’alto, ma si rivolgono verso problemi, o nemici, esterni anche se contigui: gli immigrati, la criminalità, la burocrazia, le tasse, lo Stato romanocentrico.
In questo senso i poster elettorali con le barche ricolme di disperati e la scritta «abbiamo fermato l’invasione», o le rassicuranti fotografie di Umberto Bossi che promette di non lasciarci soli, o il pittoresco accostamento tra gli noi e gli indiani d’america, finiti a vivere nelle riserve a causa dell’immigrazione europea, centrano il bersaglio della pancia, ma sono solo dettagli in più.
Perché la Lega vince e convince soprattutto grazie alla capacità di radicarsi. E’ il partito dei candidati che sono «quelli come noi»: il macellaio, il commercialista, l’amico del bar, l’artigiano stimato e conosciuto da tutti, l’imprenditrice. Personalità e persone che nel loro ambiente non si fanno vedere in giro solo qualche mese prima delle elezioni, ma che vivono la realtà sociale in cui sono immersi: animano le feste, discutono nei bar, danno lavoro, organizzano le gite della scuola.
L’asso nella manica rappresentato dal senso di identità e di comunità è quindi calato con sapienza e maestria. E riesce a catalizzare anche i voti di protesta, che non si dirigono verso proposte troppo complesse e troppo articolate, ma trovano soddisfazione in risposte molto più semplici. Il conflitto in orizzontale, appunto.
Questo voto è trasversale, interclassista. E la prossimità a tutti noi del candidato è il cavallo di Troia che consente di affermare certe opinioni, idee e convinzioni, anche quelle più rudi, come nel caso dell’atteggiamento nei confronti degli stranieri.
Il caso Treviso, isola infelice nella giornata della grande vittoria leghista, è di per se l’altra faccia della medaglia, che però non smentisce ma conferma le ragioni del voto leghista: al di là della tradizionale debolezza rispetto ad altri centri della Marca, la Lega del capoluogo paga una modalità politica e amministrativa, in questo primo anno di mandato, che è nei fatti di rottura non solo con la lunga esperienza gentiliniana, ma anche con il primo giro di giostra con Paolo Gobbo sindaco.
E sono forse certi imbarazzi e passi incerti, se non proprio falsi, su alcune questioni tutte cittadine, che le drenano consenso perchè l’hanno allontanano dalla «piazza», facendola superare, nell’urna, da Pdl e anche Pd.
Con la Lega nostrana che vince, tutti - compreso il suo alleato Popolo della Libertà - devono fare i conti. Ma il confronto è e dovrà necessariamente essere, oltre che sui programmi, sul metodo.
Il punto non è inseguire il Carroccio sui suoi temi più congeniali, dal federalismo alla sicurezza, passando per l’immigrazione. Anzi: lo scimmiottamento ha solo rafforzato l’originale, come peraltro è anche giusto che sia.
Quello che si conferma terreno di battaglia è invece il nodo della prossimità: il contatto con le comunità, il saper riannodare i rapporti con il tessuto sociale, riprendersi pezzi di partecipazione e di identità.
La partita non si gioca sul piano banale di chi è più bravo ad assecondare la pancia dell’elettore, ma vedrà vincere, come succede ora, chi riesce a farsi comprendere dalla gente solo dopo aver saputo, prima, ascoltare e capire.

martedì 9 giugno 2009

I MERITI DELLA LEGA, UNA SFIDA PER GLI ALTRI

Non c’è dubbio: la risposta alle paure della globalizzazione, ai timori per la crisi, alle incertezze di un quadro politico sempre più smutandato, abbiamo risposto con un voto iperlocale, comunitario, identitario.
Ma la crocetta sopra al simbolo della Lega non è solo sintomo di chiusura e paura: credo vada dato merito – e atto – al Carroccio di essere il partito che meglio interpreta il rapporto con il territorio.
Penso che la lezione, che non è di oggi ma è stata solo confermata dalle ultime elezioni, sia piuttosto ovvia: nell’epoca del candidato mediatico, dello strapotere della comunicazione, della tentazione dell’immagine e della personalizzazione come inizio e fine della strategia per arrivare al consenso, vada riscoperta la politica come servizio.
Di quello che i leghisti dicono e pensano io non condivido più quasi nulla. Ma non posso non riconoscere la loro abilità nel mettersi, o quantomeno dare l’impressione di farlo, “a disposizione”. Per questo sono popolari, interclassisti, trasversali. Per questo vincono.

lunedì 8 giugno 2009

EUROPEE

Quanto vale il fatto che Berlusconi si sia fermato a quota 36? Praticamente nulla, se non che questa è, nella logica del referendum pro o contro e rispetto ai suoi appelli e millantati sondaggi, una microsconfitta. Esce sconfitto non il Pdl, o la sua politica, ma la brama di plebiscito.
Detto questo, l'alta astensione e il fatto che si trattasse di elezioni europee dovrebbero secondo me consegnare tutto ad una dimensione di commento un po' meno frenetica.
Il vero dato politico, per così dire, è la netta e abbondante maggioranza al gruppo popolare a Strasburgo, per quello che tutto ciò vorrà dire in termini di scelte politiche su molti temi.
Vedo sui blog e su facebook che nel Pd c'è una certa soddisfazione per il fatto che Berlusconi non abbia oltrepassato quota 40: mi pare una vittoria di Pirro, anzi neppure quella.
Semmai il vero nodo è un altro: esce sconfitto il bipolarismo bipartitismo bramato dal Pd e da Berlusconi, e questo per merito della lega, dell'Udc e dell'Italia dei Valori.
Una ragione in più per non votare al prossimo referendum capestro sulla legge elettorale, con cui i pesci grandi della politica italiana vorrebbe mangiarsi i piccoli, a dispetto di quello che pensano gli elettori.