giovedì 25 marzo 2010

Occupazione, riqualificare lavoro verso sanità e assistenza


"Avviare subito veri percorsi di riqualificazione professionale e scolarizzazione permanente per compensare il deficit di personale infermieristico in Veneto, stimato in almeno tremila unità. Una carenza di operatori che sposta le visite verso il settore privato e che drena, solo in provincia di Treviso, risorse dalle famiglie per un valore, solo riferito al saldo al netto delle spese dei di ricavi per la sanità privata, stimabile intorno ai 2 milioni e mezzo di euro. Così la sanità pubblica va allo sfascio".
E' la proposta lanciata oggi da Paolo Camolei, candidato al Consiglio Regionale del Veneto nella lista dell'Unione di Centro.
"Si tratta - ha spiegato Camolei - di dati che spiegano tutto della situazione complessa in cui versa il servizio sanitario nella nostra Regione, a fronte del più basso livello nazionale di spesa sanitaria procapite, pari a 1.590 euro annui per cittadino. Questo senza contare l'effetto economico sui bilanci familiari delle spese per le cure dentistiche, cioè una branca del servizio di medicina che è stato sostanzialmente privatizzato, senza alcun meccanismo di controllo sui costi e su un mercato in cui la concorrenza praticamente non esiste".
"Per risolvere questo problema - ha proseguito Camolei - è necessario innanzitutto adeguare il personale ai bisogni di salute dei veneti. Le liste di attesa sono inefficienze gravi che non possono diventare anche la scusa per una privatizzazione silenziosa. Credo sia invece possibile immaginare, in questa fase di difficoltà per il servizio sanitario regionale e per l'occupazione, di prendere come esempio quanto è stato fatto in altri paesi europei, cioè realizzare veri percorsi di riqualificazione professionale e formazione permanente, calibrati per spostare lavoro inoccupato e con scarse possibilità di essere riassorbito nei settori di provenienza verso comparti in cui vi sia maggiore bisogno di persone".
"Non è possibile - ha concluso Camolei - che la nostra sia una Regione con alti tassi di disoccupazione che però continua ad importare dall'estero personale scarsamente qualificato per l'assistenza alle persone quando potremmo formare, proprio per le necessità del servizio di sanità e assistenza, nuove figure professionali, risolvendo, in una prospettiva di medio-breve termine, un po' dei problemi del mercato del lavoro".

Treviso, 25-3-2010

martedì 16 marzo 2010

PICCOLE GRANDI SOPRAFFAZIONI ELETTORALI


D'accordo: lo fanno tutti e, dicono, si è sempre fatto.
Ma sarà anche perchè io sono alla mia prima elezione regionale,ma questa cosa della guerra dei manifesti, cioè coprirsi a vicenda, proprio non la capisco.
Mi dicono i miei esperti di comunicazione che il manifesto non becca un voto; io evidentemente ho chiesto loro perchè gli abbiamo fatti, e la risposta, disarmante, è stata: perchè si deve, vedi mai che a qualcuno la faccia piace.
Scherzi a parte, in tre giorni ho coperto la città, negli spazi in cui potevo, del mio bel faccione. In tre ore gli attacchini della Lega hanno coperto tutto. Mica solo i miei: anche gli altri di quella riga.
La risposta della mia squadra è stata: e noi copriamo i loro. Ah, sì? E per quanto giocheremo al gatto e al topo che si rincorrono? Risposta: fino a domaneica mattina.
Ok. Quindi la sopraffazione, per quel che vale, del manifesto è, a tutti gli effetti, un legittimo strumento di campagna elettorale.
Segno dei tempi, anzi dello stato penoso con cui facciamo politica in questo Paese, a contare, ad essere un metodo, sono le piccole e grandi sopraffazioni

giovedì 11 marzo 2010

CHE BRAVI CHE SIAM, VOTATECI TUTTI. IL BESTIARIO DEI CANDIDATI MAGHETTI


Ma che bravi che siamo, noi candidati. Ma quante cose sappiamo, ma per quanto cose ci impegneremo, quante cose faremo.
Scorro le pagine dei giornali, guardo i siti internet: una ne diciamo, noi candidati, cento ne promettiamo. Di tutto e di più. Ce ne fosse uno che dice "io cercherò di fare". L'uso dei tempi verbali invece non lascia dubbi: io farò. Farò che sarete più felici, che lavorerete di più e guadagnerete meglio, che pagherete meno tasse ma avrete anche più servizi, che se siete anziani vi sentirete giovani, se siete giovani vi faremo diventare subito maturi.
Via le liste d'attesa negli ospedali, via la cassa integrazione: più che candidati sembriamo dei maghetti.
Certo che voi elettori, per crederci e votarci, dovete essere proprio degli storditi. Ma come si fa a credere a quiesta valaga di cretinate, a questa fiera dell'insulto all'intelligenza, della pronmessa vana, dell'oscenità intellettuale? Perchè la verità, cari elettori e care elettrici, è che noi canidati consiglieri, alla fine, contiamoe e se eletti conteremo solo per una cosa: l'impegno. Io mi impegnerò, se mai fossi eletto, a cercare di portare in Consiglio e, sogno dei sogni, a far passare, qualche proposta delle mie. Oppure delle vostre. Ci riuscirò? E chi lo sa. Più no che sì, magari.
Io vado avanti con la mia piccola campagna elettorale, sperando che abbastanza di voi abbiano fiducia in quello che sono, quello che ho dimostrato, le cose in cui credo e contro cui, questa non è una promessa ma un giuramente solenne, di certo non andrò. Per il resto, cari elettori, il sottoscritto vi promette solo di non promettervi nulla. Nel mondo dei pifferai magici mi sento fuori posto. E' per questo che mi sono buttato a capofitto nella poltica che non mi piace: vedi mai che qualche cosa si riesca a cambiare.
Buona campagna, amici, e buone promesse a tutti.

mercoledì 10 marzo 2010

GLI AVVERTIMENTI MAFIOSI A UNICREDIT


Credo che molti di voi oggi ( i trevigiani, alemno) abbiano letto gli articoli sui giornali locali relativi all'attacco di zaia a Unicredit.
Sono di corsa, quindi per commentare vi posto il comunicato stampa che ho mandato oggi agli organi di informazione




COMUNICATO STAMPA




Attacco di Zaia alle banche, risponde Paolo Camolei
"Unicredit, dalla Lega avvertimenti mafiosi e di regime"
"Sanno solo mettere contro, è una cultura distruttiva che atteggiamento politicamente sconcio che manda ai nostri imprenditori in difficoltà un messaggio profondamente sbagliato"



"Quelli di Zaia a Unicredit sono avvertimenti mafiosi formulati con la grammatica arrogante del regime".
Lo ha detto oggi Paolo Camolei, candidato nelle liste dell'Unione di Centro alle prossime elezioni regionali.
"La Lega sa solo mettere contro - ha attaccato Camolei - italiani contro stranieri, lavoratori autonomi contro dipendenti, dialetto contro inglese, adesso anche artigiani e piccoli imprenditori contro questa o quella banca. Ho gli incubi a pensare che questa cultura distruttiva, che coltiva il tanto peggio tanto meglio a scopo elettorale, diventi cultura di governo nella nostra regione".
"Rispetto alla stretta del credito - ha proseguito il candidato dell'Udc - le banche hanno certamente responsabilità: non si può prima dare dosi sempre più alte di debito e poi chiudere i rubinetti di colpo. Ma quello che fa Zaia è politicamente sconcio e manda un segnale profondamente sbagliato alle imprese: invece di lanciare questi velati appelli al boicottaggio, bisogna piuttosto insegnare come comportarsi rispetto ai nuovi scenari bancari. Agli imprenditori serve capire come tirare avanti e come adattarsi alle nuove condizioni del mercato, non farsi dare in mano un mattone da tirare contro la vetrina di una filiale".
"Quanto alle Olimpiadi e all'appoggio di Unicredit alla candidatura di Roma - ha concluso Camolei - è chiaro che la Lega ne fa una demagogica ossessione mediatica. A tutti piacerebbe vedere i giochi dei cinque cerchi nel Veneto, ma sono sicuro che alle famiglie trevigiane prema di più sapere di potere tornare a vivere con serenità invece che tirare a campare in mezzo alla crisi del lavoro".

martedì 2 marzo 2010

IL PEGGIO DEL PEGGIO


Ingenui, se pensate che il casino della lista Polverini in Lazio, che ha affossato il candidato del centrodestra, sia solo il frutto della stupidità di un bamboccione della libertà, distrattosi con un panino galeotto al bar.
La promessa è stata mantenuta: la faremo pagare a Fini. Come? Creandogli il vuoto intorno.
L’unico contributo (non a caso di qualità, per una volta il centrodestra presentava un candidato con uno straccio di consapevolezza sociale, un po’ di buon senso e non la solita faccia bella) che Fini ha dato se lo sono bruciati.
Che cosa c’è dietro lo capiremo solo nei prossimi giorni. L’esclusione della Polverini (sui guai di Formigoni non mi esprimo, quella storia puzza meno di congiura) è la Sarajevo che serve all’imperatore per scatenare una resa dei conti.
La figura, in sé, è pessima. Ed è un peccato: Renata Polverini componeva, con la Bonino, una ottima coppia di candidate. Non solo donne, ma soprattutto brave. E solo l’insulsaggine della Rai avrebbe privato noi, ma soprattutto gli elettori del Lazio, di una bella contesa alla televisione pubblica.
Adesso invece di gustarci la supersfida Bonino-Polverini ci toccherà goderci il day after del centrodestra in questa sfrenata e autodistruttiva corsa alla demolizione di tutto quello che non serve a fare gli interessi di uno contrapposti alle speranze di tutti. E meno male che a Roma, nei palazzi governativi, non è venuta la voglia di usare il solito strumento stragista della norma e della legalità, con una di quelle leggine che piacciono tanto e che sanano in un battibaleno che sembra un colpo di stato le sozzerie della peggiore politica del vecchio continente.
Gli esperimenti di un centrodestra diverso, con un centro forte e ben rappresentato, se ne vanno alla malora. E’ in salute solo l’alleanza tra Pdl e Lega, cioè il peggio che l’elettorato moderato si vede presentare, ma che non è, vivaddio, costretto a sorbirsi per forza.

lunedì 1 marzo 2010

HANNO PAURA, PER QUESTO IMBAVAGLIANO L'INFORMAZIONE


Beccatevi questa: http://www.corriere.it/politica/10_marzo_01/cda-rai-stop-talk-show_b7dd4ca2-252a-11df-98c5-00144f02aabe.shtml

Ovvero dobbiamo essere tutti consapevoli che il potere non vuole che di politica si parli e si discuta. Ma che campagna elettorale è senza talk show? Una campagna di regime.
Mettiamola così: la gente è preoccupata, tanti sono senza lavoro, più poveri. Ci chiediamo che cosa stia succedendo ma soprattutto che cosa stanno facendo "quelli" che hanno vinto le ultime elezioni. E' troppo, chiedere? Sì. Chiedere e sapere è troppo per il regime padano-berlusconiano. Loro, che hanno in mano tutto e possono fare dell'informazione (ma non nella rete) quello che vogliono, imbavagliano la verità, la discussione, la contrapposizione delle idee. Non sia mai che qualcuno, deluso da Berlusconi che si fa gli affari suoi e dalla Lega che si fa i propri ( e i nostri?)possa cambiare idea.
E allora sotto con la campagna elettorale degli spot, dove vince chi racconta la balla più colossale, fa la promessa più audace, ovviamente da non mantenere. Dove, soprattutto, vince chi ha più soldi. Che nel nostro caso corrisponde a chi ha meno interesse a confrontarsi con gli altri.

E questi sarebbero quelli del popolo della libertà?

venerdì 26 febbraio 2010

DIARIO ELETTORALE (1)


Cari amici, da ieri è ufficialmente iniziata la mia campagna elettorale.
Un bell’impegno, mi sono preso. Ma francamente devo dire che sono anche pieno di entusiasmo e persino divertito. Del resto, non è la prima campagna elettorale che affronto, considerato che due anni fa ho avuto il coraggio, o la follia, di presentarmi come sindaco a Treviso
Obiettivo della candidatura alle regionali, con l’Unione di Centro: portare voti. Non che essere eletto non mi farebbe piacere, anzi: io cerco di convincere più persone possibile. Ma credo che in questo momento la cosa principale sia portare acqua al mulino della Costituente di Centro e questo può essere possibile solo con un buon risultato elettorale.
L’avversario: la Lega, di sicuro, considerato che la politica del Carroccio è tutto fumo, poco arrosto. Eppure convince, diamine se convince. Il lavoro deve essere quello di convincere, con serietà, che a colpi di proclami e promesse elettorali non si va da nessuna parte. Ci vorrà tempo, ci vorrà pazienza, si dovrà lavorare.
Ieri sera alla mia festa c’era un sacco di bella gente. Bella gente nel senso di belle persone, non di tizi in vista. Ho visto tanta voglia di fare alternativa a questa politica, tanta attesa, tanto desiderio di tornare a vivere la politica come qualche cosa che dia un po’ di speranza.
Bene. Oggi, dopo le fatiche di ieri, riposo. Per modo di dire. Domani giro al mercato di Treviso, domenica lavoro, lunedì riunioni. Il mio team di consulenti della comunicazione ha quasi completato la produzione dei materiali e tra un po’ uscire massicciamente con la mia campagna. Lo slogan? Un veneto forte (che sarei io) per un Veneto libero.

mercoledì 24 febbraio 2010

LEGA E PDL TAGLIANO LA SANITA' IN PROVINCIA DI TREVISO


PER TREVISO-UDC


COMUNICATO STAMPA



Camolei: “Gravissimo il taglio nella Usl 9, ecco il prezzo del finto federalismo e delle vane promesse elettorali di chi di giorno chiede voti per il Veneto e di notte taglia diritti e servizi”




“Capisco l’amarezza del sindaco di Villorba, ma la decisione della Usl 9 di effettuare tagli sulle prestazioni non è una cosa che può finire con le scuse a cittadini che, malgrado la pressione fiscale sia aumentata, non ricevono più prestazioni sociali di qualità”.
E’ il commento di Paolo Camolei, capogruppo in consiglio comunale a Treviso di “Per Treviso-Udc”, membro del coordinamento provinciale dell’Unione di Centro e candidato alle prossime elezioni regionali per l’Udc, sulla decisione della conferenza dei sindaci della Usl 9 di tagliare le “prestazioni non strategiche” e garantire solo l’essenziale.
“Gravissimo che si taglino le risorse alle associazioni che nel territorio si occupano della disabilità, delle dipendenze e della salute mentale. Ci raccontano che la sussidiarietà orizzontale, cioè la collaborazione fra il Pubblico e le associazioni di volontariato, sia il cardine del federalismo. Non mi pare proprio sia così. Senza risorse adeguate succederà che queste associazioni non saranno più in grado di operare sul territorio. E chi le farà quelle cose? Il pubblico senza soldi? Se l’idea è quella di razionalizzare per non aumentare la pressione fiscale, si sappia che alla fine o ci saranno meno servizi o i cittadini se li dovranno pagare completamente ti tasca propria”.
“E’ chiaro che il problema riguarda le risorse e che la scarsità dei trasferimenti su cui possono godere gli enti locali è la dimostrazione del fatto che a Roma praticano solo un federalismo che mette in croce le autonomie. Invece di trattenere denao dei contribuenti e non spendere nulla di fonte alla crisi per riempire il salvadanaio con cui preparare la riduzione delle tasse alla vigilia del 2013 - così da assicurarsi un bel cavallo di battaglia elettorale - il governo deve allargare i cordoni della borsa oggi. E non si dica che i soldi non ci sono: i 36 milioni in meno di trasferimenti agli enti locali della nostra provincia non sono razionalizzazioni della spesa, ma il costo delle elargizioni clientelari ai comuni cialtroni, come nel caso dei buchi da centinaia di milioni di euro di Catania e Roma”.
“Mi chiedo con quale faccia tosta si vada in giro di giorno a chiedere voti con lo slogan “prima il Veneto” e di notte si tagli su un diritto fondamentale come la sanità. Siccome le bugie hanno le gambe corte, c’è da sperare che i cittadini trevigiani, al momento di votare, si rendano conto dell’enorme presa in giro a cui sono sottoposti dalle false promesse elettorali”.

Treviso, 24-2-2010

venerdì 19 febbraio 2010

CARI AMICI, MI CANDIDO

Cari amici, ho deciso di candidarmi.
Ho deciso di accettare la proposta degli amici della Costituente di Centro e candidarmi al consiglio regionale nelle liste dell’Unione di Centro.
Voglio contribuire anche io a dare una speranza ai cittadini che non votano a sinistra ma che non si sentono rappresentati da un centro destra sempre meno di centro e sempre più di estrema destra. Voglio dire ai moderati della provincia di Treviso, che sarà il mio collegio elettorale,che l’alternativa al cesarismo berlusconiano e all’estremismo padano c’è: è il progetto politico della Costitutente di centro, popolare e liberale, che ha dato vita alla nuova Unione di Centro.
A rafforzare le buone ragioni di questa scelta c’è l’evoluzione del quadro politico e in particolare la presentazione della terza lista a sostegno di Luca Zaia. L’uscita dall’Unione di Centro di certi personaggi della vecchia politica carrierista e careghista e la loro confluenza nell’Alleanza di Centro rende evidente come a destra si tema la nascita e la crescita di un nuovo soggetto di centro riformatore, che è peraltro già riuscito mettere insieme l’esperienza dei cattolici liberali con quella delle liste civiche, dei liberal-democratici e degli autonomisti non secessionisti. L’operazione artificiale dell’Alleanza di Centro, che peraltro toglierà voti alla Pdl e marcherà quindi il vantaggio elettorale della Lega, ha come obiettivo quello di contrastare la vera alternativa moderata alla degenerazione populista e autoritaria imposta dal Carroccio come prezzo del patto di fedeltà a Berlusconi.
Ringrazio gli amici dell’Udc per la fiducia nei miei confronti, spero che insieme potremmo far sì che questa tornata elettorale sia il punto di partenza di una nuova stagione della politica nella nostra regione e nella nostra provincia, per costruire una proposta di governo seria, non demagogica, fatta di cose concrete e non di promesse, capace di guardare all’interesse comune.

mercoledì 17 febbraio 2010

MAZZETTE & MARCHETTE (il mio editoriale di oggi su La Tribuna di Treviso)


Pensavamo che Tangentopoli fosse stato il punto più basso toccato dalla storia repubblicana. Sbagliato: perché se quella era la repubblica della mazzetta, questa, che è la repubblica della mazzetta e della marchetta è persino peggio. A leggere le cronache di questi giorni e le descrizioni di certe intercettazioni telefoniche, più che con una classe dirigente sembra di avere a che fare con un congrega di arroganti detentori di un potere che consente di fare tutto e a proprio piacimento: lucrare sulle disgrazie, trasformare la responsabilità delle cariche in privilegio, la politica in un comitato di affari, la carica elettiva in una specie di satrapia ereditaria con il benefit delle escort giovani e di lusso, da consumare o offrire come favore.
Nel frattempo il Paese, costretto a questa esibizione di arroganza di regime, deve fare i conti, praticamente da solo, con la crisi economica che viene penosamente minimizzata mentre i dati reali indicano che il peggio non è tanto alle spalle quanto davanti a noi.
Manca, è evidente, la politica, perché troppo spesso alle proposte alternative una certa opposizione sembra starsene in attesa di qualche soluzione a mezzo di avviso di garanzia. E viene a mancare l’apporto fondamentale della tradizione moderata, con un Popolo della Libertà ridotto a cortile personale del premier e in cui sembra si voglia giocare una sfida sulla successione al capo che strizza l’occhio alla crisi istituzionale per dare la spallata che serve alla riorganizzazione post berlusconiana.
Questa crisi dello schieramento moderato non è un dettaglio da poco. Nel centrodestra, con il Pdl sempre più invischiato in scandali e scaldaletti e un premier troppo preso dai suoi fatti personali per occuparsi del governo, il direttore d’orchestra lo fa la Lega, con i suoi contenuti estremi, il suo populismo tirato alle estreme conseguenze, a cavallo tra prosopopea nordista in favore del sistema della piccola impresa e la neo- vocazione laburista. Il tutto condito con ricette banali, che non riescono ad andare oltre all’orizzonte delle solite cose sulla sicurezza, dei soliti allarmi sull’immigrazione, della solita demagogia del mal di pancia che indubbiamente porta voti ma non sposta di neppure un centimetro un Paese che ha bisogno di andare avanti e non di chiudersi in se stesso accontentandosi di far studiare il dialetto a scuola.
Ma quale politica del fare, è la politica delle parole, degli slogan. Dove è il federalismo se non inghiottito dai tempi biblici della sgangherata riforma Calderoli e dal buco nero dei 36 milioni in meno ai nostri Comuni, dopo ben tre governi in cui la Lega è stata presente solo per promettere a noi e mantenere invece agli spreconi di Catania e Roma? E quali sono i successi della politica sull’immigrazione, con le città che fioriscono di ghetti che sono un monumento al fallimento dell’integrazione? E dove sarebbe la ripresa economica, se solo in provincia di Treviso, in un anno, la cassa integrazione straordinaria è aumentata del 50 mila per cento, con i licenziati delle piccole imprese lasciati a campare con il sussidio di disoccupazione, gli atipici e gli autonomi abbandonati a se stessi, gli imprenditori strozzati da un sistema del credito che chiede come garanzia tre volte il valore degli affidamenti? Cosa ha combinato insomma questa classe di governo, oltre a procurare affari agli amici e rilassarsi con le donnine nei cosiddetti centri di messaggio?
Se a sinistra il modello riformista del Pd sembra inesorabilmente destinato a fallire, tanto che Massimo Cacciari parla provocatoriamente di tornare a Ds e Margherita, nel centrodestra il sogno liberale del 1994, la rivoluzione modernizzatrice, antistatalista e liberista, è altrettanto inesorabilmente sfumato. Il bisogno del Premier di blindarsi intorno ad un maggioranza che lo metta nelle condizioni di risolvere in Parlamento quello che non vuole, o non può, risolvere nelle aule giudiziarie, ha regalato agli estremisti del Carroccio enormi spazi di manovra. Il caso del Veneto, con il siluramento di Galan e l’imposizione del candidato leghista, sono i segni particolari di quello che oggi è il centrodestra italiano, sempre meno popolare e liberale e sempre più populista e autoritario. E di quello che è e sarà il centrodestra veneto, con la Lega al trentacinque per cento e la Pdl schiacciata sotto il venticinque, dieci punti che non sono solo una differenza matematica ma di sostanza. La moralità, il senso di responsabilità, la politica proiettata verso il bene comune e non al soddisfacimento dell’interesse particolare, o peggio personale, non esistono più in questa Italia, cialtrona e sgangherata.
Non c’è scampo se dalla società, come si diceva una volta, non salirà un visibile e concreto moto di disgusto per le escort offerte come regalo, la corruzione eletta a sistema, l’arroganza a prassi, le promesse vane a programma elettorale. Bisognerebbe che tutti si avesse un po’ più di coraggio nel riconoscere quello che ci troviamo davanti, smettendola di turarci il naso. La politica non cambierà mai se non sarà costretta a farlo. E lo farà solo se si troverà la scheda elettorale puntata alla tempia.

http://www.youtube.com/watch?v=XXqYkQj1QC4&feature=related

venerdì 12 febbraio 2010

LA CONFRATERNITA DELLA PASSERA


Ogni regime ha le sue debolezze. E questo, di regime, ha la debolezza del sesso. A pagamento. Da consumare e, perché fa bello, da offrire.
L’Italia si è abituata, forse assuefatta, allo scandalo della tangente, della malapoltica, della cattiva gestione della cosa pubblica, della bustarella di provincia, della spintarella data ai poco meritevoli, giusto perché in fila prendano il posto davanti a quelli che meritano.
Chissà se noi italiani, gioiosamente disinteressarti alla moralità della politica tanto da poter stare ben contenti con un classe di governo in cui gli avvisi di garanzia e i processi superano i provvedimenti di legge che sforna, possiamo anche sbatterci di questo: ministri, presidenti del consiglio, sottosegretari, capi e capetti che fanno parlare per queste storielle da cui sembra che il consumo di sesso a pagamento sia una specie di collante tra loro, un patto di amicizia, un segno distintivo.
Più che un partito, certa gente sembra una di quelle fratellanze universitarie americane: lì gli Alfa Alfa e gli Skull and Bones, qui da noi la confraternita della passera.
Ogni regime ha il suo vizio: i petrolio, il gas, le marchette, le tangenti. Il nostro, fatto ad immagine e somiglianza della congreghe comuniste dei paesi d’oltre cortina e che pratica la religione laica del leccaculismo che vive del culto adorante del capo, ha le tette, le chiappe e tutto il resto, conquistati con il fascino del potere e dell’euro, peccatucci sempre meno gravi che andare a trans, come ha recentemente fatto intendere il nostro Presidente del Consiglio.
Più che la repubblica delle banane, quale in effetti siamo, una vera repubblica delle puttane.
Adeste fideles, la cabina elettorale ci aspetta!

mercoledì 3 febbraio 2010

POVERI, FARE UN RICOVERO O APRIRE LA STAZIONE DI NOTTE?



PER TREVISO-UDC

COMUNICATO STAMPA


Galzignato e Camolei: risolvere il problema dei senza tetto a Treviso aprendo la stazione è una proposta assurda e degradante della dignità delle persone
La coordinatrice provinciale e il capogruppo in consiglio Comunale: servono soluzioni vere, non l’istituzionalizzazione della residualità sociale







“Risolvere il problema dei senza tetto aprendo la stazione dei treni alla notte è una proposta non solo assurda, ma degradante della dignità di persone che andrebbero aiutate in maniera concreta, non mettendo a disposizione panchine, il pavimento o un sottopasso. Serve un ricovero vero e, soprattutto, nuove e più efficaci politiche pubbliche di contrasto al disagio sociale estremo”.
Lo hanno detto oggi Gianna Galzignato, coordinatrice provinciale dell’Unione di Centro, e Paolo Camolei, capo gruppo, in consiglio comunale a Treviso, di “Per Treviso-Udc”.
“Le parole dell’assessore Michielon, che curiosamente prende ispirazione da una provocazione del consigliere Atalmi – hanno detto i due esponenti dell’Udc trevigiana – suonano come una istituzionalizzazione dell’indigenza, del degrado e della esclusione, quando invece, di fronte all’aumento delle situazioni di residualità sociale, il Comune avrebbe il dovere di intervenire con strumenti di welfare vero, coordinandosi con la Provincia, i comuni contermini e le associazioni di volontariato. Ma il sociale non è evidentemente un punto di forza della Giunta. E l’assessore Michielon, con quella dichiarazione, ammette di non avere la più pallida idea sul cosa fare”.
“Siamo di fronte ad una situazione di emergenza crescente che merita, da parte delle istituzioni, risposte concrete che tutelino la dignità delle persone. L’idea di aprire la stazione alla notte, invece che pensare ad un ricovero vero, significherebbe una resa della comunità cittadina di fronte all’umiliazione della povertà estrema”.

Treviso, 3-2-2010

mercoledì 20 gennaio 2010

BRINDISI ELETTORALE


Due bicchieri di vino fanno bene o fanno male? Benissimo alla salute non fanno, ma funzionano che è un piacere in campagna elettorale.
Ecco perché Luca Zaia, candidato a Governatore del Veneto ma ancora Ministro della Repubblica, quindi con livello di responsabilità un po’ più alto del cliente qualunque di un qualunque osteria, si è buttato a capofitto sulla polemica da bar scatenata dal sindaco di Tarzo, innamorato consumatore del succo d’uva con le bollicine, che tra i mille consigli che si sente di dare ai suoi concittadini ha deciso di cominciare dal consumo di un paio di bicchieri di quello buono, che fanno bene.
Alla sponda dei bacchettoni, quelli che ricordano come il vino, anche quello buono, è pur sempre una sostanza potenzialmente dannosa per il corpo, mortale se se ne ha troppo in circolo quando si guida, il trevigiano Zaia risponde con la semplicità e la simpatia della consuetudine nostra di bere al pasto, di bere fuori pasto, di bere prima e dopo il pasto.
Non siamo un popolo di ubriaconi, e se lo siamo il più delle volte la causa non è il vino, ma di bevitori sì. E’ nella nostra tradizione, fa parte della nostra cultura, come lo era condire l’insalata con il lardo, mangiare le frattaglie del maiale, come lo è cicchettare di musetti e salami. Tutto buono, ma anche tutto poco salutare.
Quando si parla di alcolici, lo sappiamo bene proprio perché alla stragrande maggioranza di noi il vino piace e parecchio, bisognerebbe stare molto attenti. La differenza la fa ovviamente la quantità, se assunte in abbondanza anche le frittelle di carnevale sono una insidia per lo stomaco. Ed è questo il punto. Il bevitore responsabile è quello che sa con che cosa ha a che fare. E’ il bevitore maturo, non il ragazzino alla ricerca di trasgressione o sensazioni forti. E’ uno consapevole, come lo è anche il Ministro, che si può essere al di sotto dei limiti fissati dalla legge per il consumo di alcol di chi si mette al volante ed essere comunque, dopo “do goti”, meno lucido del solito, meno del normale, meno di quello che servirebbe.
Che per il vino facciano campagna i produttori è una cosa normale. Che ci si mettano gli amministratori pubblici, soprattutto un sindaco, a cui spetta anche la difesa e la promozione della salute e dell’igiene pubblica, è una cosa un po’ meno ordinaria. Ci sarebbe altro di cui occuparsi. E comunque, come giustamente fatto notare da più di qualcuno, non sarebbe male ricordarsi di scrivere in quei manifesti che il vino può anche fare male e cercare di evitare di dare un messaggio di normalità del bere soprattutto ai giovani, che già sono assidui e ingordi consumatori di alcol, tra spritz ed altro.
Meno ortodossa potrebbe invece apparire la scelta dell’amico Zaia, candidato ma soprattutto Ministro, quindi uno che per forma mentale, visto il lavoro che fa, dovrebbe avere il principio di cautela più che le strizzatine d’occhio alla doppia ombra.
Ma l’effetto che l suo messaggio, rassicurante e allegro, produce in noi, bevitori sociali e qualche volta anche socialmente un po’ sbronzi, è quello della simpatia. Ma che palle questi medici preoccupati, ma che noia quelli del Sert: saranno sicuramente di sinistra, Luca sì che invece le cose le sa, che è uno di noi. E che male faranno due bicchieri di quello de casada?
Un bicchiere, dice chi ne sa, può persino fare bene al cuore, se è vino rosso. Due di fila fanno allegria ma aprono anche la strada al terzo. Se berli è la normalità di una regola di vita sempre un po’ al limite, lo dice un fumatore e amante del vino, incentivare al berli fa diventare “uno de noantri”. Punti in più per il bravo Zaia e la sua campagna elettorale, punti in meno per qualche patente. E non solo per quella.

giovedì 14 gennaio 2010

LA RIFORMETTA PER I RICCHI (il mio editoriale di ieri su La Tribuna di Treviso)


E’ dal 1994 che Silvio Berlusconi propone e sogna una riforma delle imposte sulle persone fisiche che abbia come approdo l’adozione di due solo aliquote. A dire il vero allora, al suo primo giro di giostra da Premier, parlava anche di quoziente familiare, cioè la vera riforma del fisco che andrebbe attuata, ma poi lo ha lasciato nel dimenticatoio, come se fosse un dettaglio.
Affrontare il tema dei soldi, e di tasse, in questo momento è indubbiamente la scelta giusta. Il Paese è in difficoltà per la crisi economica e il messaggio, lanciato non a caso alla vigilia delle elezioni regionali, trova la gente molto sensibile. Sicuramente interessa quel blocco sociale di elettori del centrodestra e della Lega che vede nel fisco il nemico numero uno della sua prosperità. Un ragionamento che in Veneto, bombardati dall’antistatalismo un po’ iperliberista e un po’ secessionista, trova e soprattutto genera grandi consensi.
Ma la manovra rischia di rivelarsi soprattutto una operazione di propaganda che porta vantaggi residuali; e che, paradossalmente, non marcia nella direzione che lo stesso primo ministro vorrebbe, cioè quella di rendere disponibile più reddito e quindi favorire i consumi e la ripresa dell’economia.
E’ vero che il sistema fiscale e tributario italiano è vecchio, dal momento che la sua attuale struttura risale ai primi anni 70’; questo di per sé non basta, per riformarlo più che guardare al dato anagrafico, occorrerebbe infatti capire quale è la situazione attuale e quali sono gli obiettivi più urgenti da raggiungere.
La realtà ci dice che oltre la metà dei contribuenti italiani dichiara all’incirca 15 mila euro all’anno. Si tratta di quasi il 60% dei pensionati, più del 40% dei dipendenti e di un considerevole 22% dei cosiddetti autonomi. Al netto dell’evasione fiscale, per la categoria dei professionisti e delle imprese individuali, è probabile che si tratti non solo di “finte imprese”, cioè in maggioranza lavoratori precari, ma anche di veri autonomi, colpiti più di altri della recessione e messi all’angolo anche dalla stretta del credito.
Complessivamente, pur prendendo in considerazione quel 16% del Pil che viaggia sotto la superficie del “nero”, l’ottanta per cento dei contribuenti non va oltre i 26 mila euro lordi all’anno.
Questi dati dicono che, complessivamente, la condizione reddituale in questo paese è negativa. In media, ce lo dice l’Europa, l’Italia è la nazionane in cui si guadagna meno all’interno dell’Unione Europea. E’ per questo, cioè a causa di un Paese che si sta impoverendo e che rende sempre più evidenti le differenze tra ricchi e poveri, che il 10% dei contribuenti sostiene più della metà del carico fiscale: è lo stesso 10% che detiene, statistiche alla mano, il 43% della ricchezza nazionale e che lascia al rimanente 90% degli italiani solo il 57%.
Una vera riforma fiscale dovrebbe prendere in considerazione soprattutto l’equità e intervenire, per giustizia, in primo luogo sui redditi più bassi. Questa proposta del Governo, invece, scardina il principio di progressività – cioè meno guadagni, meno paghi – e privilegia i redditi alti o altissimi, a cui abbassa di fatto l’imposizione. Per i redditi fino a 15 mila euro non ci sarebbero vantaggi, per quelli fino a 30 mila euro il risparmio pro capite è risibile e meglio sarebbe allora mettere insieme queste risorse non per fare l’elemosina al singolo, ma spenderle complessivamente per tentare di attuare misure strutturali, ad esempio sul fronte del welfare.
Ma al di là di questo, la non giustezza del sistema fiscale italiano non è data tanto da “quanto” si paga, ma dal “come”. Il nostro non è il Paese dell’Unione in cui si versano più tasse sul lavoro, in Germania e Francia si paga molto di più; il problema è che da noi, contrariamente a quanto avviene all’estero, il sistema è indifferente a chi sia e in quali condizioni si trovi il contribuente. A parità di reddito, e quindi di imposizione, discrimina tra chi ha famiglia e chi vive da single. E le detrazioni, soprattutto quelle per familiari a carico, sommate agli assegni familiari che però valgono solo per i dipendenti (altra ingiustizia) non compensano la distorsione.
La vera riforma è quindi quella prevista dall’attuazione del quoziente familiare: cioè prendere a riferimento non solo il reddito, ma anche la condizione sostanziale di quel contribuente, se ha famiglia o no, se è l’unico reddito disponibile, e inserire lì il sistema dei risparmi fiscali. Agendo, ovviamente, soprattutto sulla fascia bassa e media dei redditi, cioè sul gruppo di contribuenti che si è maggiormente impoverito in questi anni, senza distinguere tra lavoro dipendente e lavoro autonomo.
Questa sì, soprattutto nel Veneto e nella Marca della piccola e piccolissima impresa, sarebbe una vera ed efficace riforma fiscale.
Certo, sarebbe anche una riforma costosa alla luce del debito pubblico e dell’eccessiva spesa pubblica, su cui comunque la spesa sociale pesa per meno di un terzo del totale.
Ma se si parla di stabilità dei conti, deve essere ricordato ai lettori come l’ottimo ministro Tremonti pensi di finanziare le due aliquote: cioè con un aumento dell’Iva. Bella mossa: non solo l’Iva, come imposta indiretta, colpisce tutti allo stesso modo, quindi incide di più sui redditi bassi. Ma un suo inasprimento, anche se marginale, comporterà il crescere delle transazioni economiche in nero, perché è soprattutto l’imposta sul valore aggiunto quella che si cerca di aggirare con l’economia sommersa, come sa chi evita la fattura dell’idraulico, del fabbro, del gommista o del dentista.
La scelta, alla fine, è una questione di valori: se metto al centro la persona, e la considero nel suo insieme, il quoziente famigliare diventa una opzione quasi obbligata per dare più equità al sistema fiscale. Se invece ragiono per slogan semplificanti posso anche permettermi di fare la riformetta delle due aliquote. Una riformetta che, in una Italia e in un Veneto sempre più poveri e diseguali, regala qualche cosa ai ricchi e non concede nulla ai meno abbienti. Anzi, gliene toglie. Il problema è che ce ne accorgeremo quando sarà troppo tardi.