lunedì 21 dicembre 2009

NEVE E CAOS A TREVISO CITTA'

PER TREVISO-UDC

COMUNICATO STAMPA


“Neve & caos, fallimento politico di chi ha promesso le ronde e ha ridimensionato la macchina della sicurezza che serve davvero alla città di Treviso”


“Più che pensare alle dimissioni di qualche assessore, ritengo che la Giunta comunale debba riflettere su un fallimento, quello della macchina di pronto intervento contro gli effetti del maltempo, che è soprattutto un fallimento politico. La Lega riempie la testa dei trevigiani di fregnacce sulle ronde e svuota le strade dalla Protezione civile. Bel modello di sicurezza”.
Il gruppo consiliare di “Per Treviso-Udc” critica l’operato del Comune a seguito della nevicata che ha investito la città nel fine-settimana per bocca del suo capogruppo, Paolo Camolei.
“Alla prova dei fatti verifichiamo che la disorganizzazione ha vanificato il grande e generoso lavoro degli addetti, il cui numero, intorno al centinaio, è però troppo limitato per poter fronteggiare un evento di questa portata. Il punto è che certamente si è trattato di una nevicata straordinaria, ma era anche un fatto ampiamente previsto e atteso. La scarsità di uomini e mezzi e il fatto che l’allarme sia scattato solo alle 2 della mattina di sabato, cioè a precipitazioni in corso hanno fatto sì che una città del Nord di quasi centomila abitanti si sia non solo paralizzata, ma sia anche diventata una trappola ad alto rischio per pedoni e automobilisti a causa di una spessa coltre di ghiaccio non rimossa, in Centro come in periferia. I trevigiani sono stati lasciati in balia degli eventi”.
“Stupisce soprattutto l’insufficienza nell’azione della Protezione Civile, che era stata un punto di vanto della gestione Gentilini e il cui organico è stato recentemente ridimensionato. Forse in Giunta si pensa troppo alle ronde, peraltro solo annunciate, e poco alle cose concrete e ragionevoli. Se invece di sprecare tempo, energie e promesse su cose inutili, si prenda atto del fallimento a cui porta la politica delle promesse elettorali. Il caos provocato dalla nevicata è un richiamo ai leghisti affinché l’azione amministrativa ritrovi la concretezza di un tempo , ma è anche un monito ai tanti cittadini che si sono fatti ubriacare dalle storielle sulle ronde e la sicurezza fai-da-te e che nel momento del bisogno vero sono stati completamente dimenticati”.

Treviso, 21-12-2009

venerdì 18 dicembre 2009

LETTERA AGLI AMICI VENETI DEL POPOLO DELLA LIBERTA'


Cari amici veneti del popolo della Libertà,
l’accelerazione degli avvenimenti della politica regionale mete a nudo l’insoddisfazione del vostro elettorato, dei vostri simpatizzanti, di molti iscritti e militanti per la decisione di lasciare alla Lega la presidenza del Veneto e così, nei fatti, cancellare la stagione di governo di Giancarlo Galan.
Nei vostri siti, in quello dell’oramai ex governatore, nei gruppi dei social network, i commenti sono improntati a forte delusione e anche ad amarezza. E in molti “promettono” di non essere disposti a votare un candidato leghista.
Le scelte “romane”, in faccia a qualsivoglia considerazione della realtà locale, credo vi impongano una riflessione sulla natura della vostra alleanza con il Carroccio e sulla vostra stessa politica.
La Lega, lo sappiamo, ha avuto il merito di iscrivere il federalismo nell’agenda della politica. Lo ha fatto con una tale forza che oggi tutti si dicono federalisti. Ha avuto anche il merito di dare per prima rappresentanza sociale e politica a quei nuovi ceti produttivi che sono stati l’anima del miracolo economico, soprattutto a nord est, e che per lungo tempo erano stati snobbati, visti con fastidio e sospetto, dalla politica dei vecchi partiti della Prima Repubblica.
Non appena anche altre forze hanno cominciato a giocare su questo terreno, la Lega ha iniziato, per necessità, a differenziarsi. E oggi, dopo aver coltivato per lungo tempo le peggiori paure e pulsioni, la Lega si è di fatto trasformata in un partito di estrema destra, xenofobo, intollerante, illiberale, autoritario, per quanto con un forte tratto popolare.
Cari amici, è questa l’alternativa moderata, liberale e riformatrice che sognavate con l’entrata in campo di Silvio Berlusconi?
Il sogno era quello di un Paese che si modernizzasse, che mettesse merito ed efficienza come pilastri dell’attività della Pubblica amministrazione, l’onestà e la trasparenza a caposaldo della politica, che realizzasse quella rivoluzione liberale che è la rivoluzione della persona, della sua dignità e libertà, accumunando questo processo con un forte tratto di solidarietà vero, di welfare non al risparmio ma sostanziale. Diventare, insomma, un paese moderno e più europeo. Più giusto.
Oggi, cari amici, siete ostaggio della Lega e del suo consenso. Non voglio fare dietrologie sugli interessi personali del Presidente del Consiglio, anche se la questione esiste; e allora mi limito a dire che Berlusconi non ha il coraggio di lasciarsi dietro le spalle la Lega estremista e dare vita ad una forza liberale e popolare.
Essere ostaggio del Carroccio, cari amici, è costoso, soprattutto per il Paese. A voi forse serve l’appoggio della Lega per governare, ma governare non è tutto, se lo si fa a discapito della nostra nazione.
Il problema non è Berlusconi, ma un partito che ha scambiato l’ammirazione e il consenso per il suo leader per una sorta di vera e propria adorazione, un culto del capo quasi religioso. Ciò non fa del bene a Berlusconi, che invece si merita, anche se non lo volesse, un partito che discute, che suggerisce, che critica e propone. Né fa bene a voi, che vi chiudete in faccia la porta del futuro, perché un partito così, quando Berlusconi non ci sarà più, non avrebbe ragione di esistere.
Non vi invito alla ribellione, cari amici veneti del Pdl. Non sono nessuno per farlo né è mia intenzione. Ma serve, per il bene della politica, del Paese e di una prospettiva liberale, democratica e popolare, uno scatto di dignità e distacco nei confronti di una forza minoritaria che con spocchia e arroganza “sgoverna” per slogan, assecondando la pancia dell’elettorato senza nutrirne l’intelligenza.
Dal Veneto, non solo per il rischio di perdere potere ma per il gusto di non doversi continuamente turare il naso, abbassando la testa ai diktat dell’estremismo, deve venire una coraggiosa voce di dissenso. Dissenso produttivo e fecondo di dibattito e discussione, cose queste che fanno la democrazia.
Il punto non è il nome di Galan, ma la logica spartitoria, che sembra fatta apposta per far sostenere che Berlusconi farebbe di tutto, ma davvero di tutto, pur di conservare il potere a tutti i costi, con il solo fine di sistemare se stesso e i suoi guai con le procure.
Il sogno della rivoluzione liberale, cullato nel 1994 non è morto. Cari amici, adesso, però, tocca a voi.

mercoledì 16 dicembre 2009

UP PATRIOTS TO ARMS


Leggo su repubblica.it (http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/economia/crisi-44/bankitalia-16dic/bankitalia-16dic.html) che il 10% della popolazione italiana detiene il 44% della ricchezza nazionale. Come può un Paese così sperare di poter uscire dalla crisi e riprendere a prosperare, mentre, sempre nello stesso articolo, si spiega come per il rimanente 90% le condizioni economiche e di reddito siano in netto e continuo peggioramento?
Che fa quel 90% che deve farcela con il 56% della ricchezza nazionale? Si sveglia, si scuote, si batterà per se stesso? O Continuerà a formare una delega in bianco ad un governo che non pensa più alla gente, ma solo alle questioni personali del Presidente del Consiglio?

lunedì 14 dicembre 2009

IL DOVUTO E L'IMPOSSIBILE


C’è più di una maniera di leggere l’aggressione che ha avuto come vittima ieri il presidente del Consiglio. La prima è che si tratti di un fatto figlio della campagna di “odio” nei confronti di Silvio Berlusconi, un primo ministro che scambia le accuse di natura politica per un insulto personale, neanche lui fosse l’alfa e l’omega di tutto quello che esiste in Italia e di quello che l’Italia è.
L’altro è dire, semplicemente e con una spruzzata di buon senso, che il gesto isolato di una persona che non è evidentemente mosso da accanimento e odio politico ma da un malessere psicologico (magari Berlusconi gli stava antipatico, ma lo è anche a milioni di italiani che non si sognerebbero mai di prenderlo a pugni in faccia) e non descrive un clima.
Clima che non è di odio per Berlusconi, ma di tensione sì. Tensione per un Paese che non esce dalla crisi anche perché, va detto, governato da un premier che pensa a se stesso e ai suoi problemi giudiziari (e a come risoverli con una legge, non con un processo) dieci volte di più di quanto pensa ai problemi sociali ed economici.
Fare di un gesto folle e sconsiderato una tappa del processo di martirizzazione, beatificazione e santificazione del leader è una tentazione a cui che quelli del Pdl (e in parte della Lega) non sono riusciti a resistere. Scarso il livello di censura del gesto in quanto offesa prima ad una persona, poi anche ad una istituzione. Piuttosto prevale quel retrogusto di ceauseschismo, leaderismo venerante, adorazione paganeggiante, di uno, Silvio Berlusconi, che fa il presidente del Consiglio e miracoli non ne ha ancora compiuti, almeno non in pubblico.
Essere consapevoli che il clima in Italia è bruttino, che la tensione c’è ed è destinata ad aumentare anche per responsabilità di Berlusconi (lui e Di Pietro a me sembrano le due facce della stessa medaglia dialettica) è cosa importante. Senza dimenticare che al clima contribuisce anche l’isteria giudiziaria del nostro Primo Ministro, che a me piacerebbe vedere battersi con tanta foga anche contro i licenziamenti, le cassa integrazione ed il destino misero e miserabile a cui sono destinati tanti lavoratori precari e le loro famiglie.
Il gesto è grave e inqualificabile, violento e quindi spregevole. Di qui a chiedere l’armistizio politico verso un governo che non governa ma “sgoverna”, però, ce ne passa. A Silvio Berlusconi vanno, doverose, tutte le rappresentazioni di solidarietà umana e istituzionale, perché il gesto violento è una offesa alla sua dignità di uomo, prima che al suo ruolo. Ma l’aggressione non basta ad assolverlo dal fallimento della politica di questo governo ostaggio della demagogia della Lega. L’umana comprensione e vicinanza sono una cosa, la giustificazione per l’assenza dell’esecutivo dall’occuparsi del paese è un’altra. Le prime sono dovute, la seconda è impossibile.