lunedì 27 aprile 2009

AEROPORTO DI TREVISO, PER NON DIMENTICARE (LA FREGATURA)


da: il Gazzettino di Treviso, domenica 26 aprile

«Il presidente Marchi
era stato molto chiaro:
non avrebbe mai dato
al comune di Treviso
un posto dentro il cda»

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La parte del profeta inascoltato, assicura, non gli si attaglia. Ma stavolta Paolo Camolei non può esimersi dall’affermare: «Io l’avevo detto».
Aveva detto, ricorda, «che l’aeroporto veniva svenduto». E l’aveva detto quasi due anni fa, quando il Comune e Save stavano mettendo a punto lo scambio di azioni che avrebbe assegnato il gruppo che controlla il "Marco Polo" la maggioranza di AerTre, la società di gestione dello scalo trevigiano, di cui lui, all’epoca era presidente. Aveva pure avvertito che la "contropartita" a favore di Ca’ Sugana non comprendeva una poltrona nel consiglio di amministrazione di Save: «Anzi Enrico Marchi (presidente della holding, ndr) su questo era stato ben chiaro: non avrebbe mai dato a Treviso un posto nel cda».
Proprio il rinnovo dell’organo dirigenziale del gruppo veneziano, senza alcun ingresso trevigiano, ha riattizzato le polemiche sul passaggio della partecipazione del Comune in AerTre: «Fa piacere che ora tutti si siano accorti che non è stata prestata l’attenzione che un’operazione di quel genere meritava - sottolinea oggi Camolei, entrato nel frattempo in Consiglio comunale per la civica "Per Treviso" -. Mi fa piacere, ma avrei preferito che se ne accorgessero allora».
E che magari lo sostenessero nella sua battaglia: «A suo tempo avevo ribadito che non sarebbero stati fatti investimenti in tempi brevi per ottenere la seconda categoria (una classificazione che autorizza gli aeroporti a decolli e atterraggi anche in condizioni di visibilità limitata, ndr). Che avremmo perso Ups e Dhl, con gli effetti oggi visibili sul nostro traffico cargo. Soprattutto che al cda di AerTre non restava alcun vero potere di governo».
Insomma non era garantito lo sviluppo futuro del "Canova": «Tutte le carte firmate e controfirmate, fissavano solo una certa quantità di passeggeri e di merci. Ma non stabilivano che cosa sarebbe successo se quelle quote non fossero state raggiunte. Dunque, non era tutelata la città, essendo l’aeroporto un servizio pubblico».
Camolei rivendica che per sostenere la sua idea, in polemica con l’amministrazione comunale che l’aveva nominato, lasciò la presidenza: «Per tutte queste cose ho litigato con Marchi, con cui pure negli anni precedenti avevamo realizzato delle eccellenti operazioni. E quando Gobbo ha confermato che l’intesa sarebbe stata andata avanti comunque, ho litigato anche con lui e per mantenere fede all’azienda che rappresentavo, che si chiamava AerTre e non Lega, me ne sono andato».
Le motivazioni di quella scelta le ritiene tuttora valide: «Era solo una questione di accordi: il Comune cede le sue quote per una certa somma, Save garantisce un certo numero di passeggeri, tutele per i dipendenti, il servizio pubblico per la città... Purtroppo non è stato fatto».
mzan

giovedì 23 aprile 2009

IL RECORD DEL G8


Magari non passerà alla storia per i risultati reali ottenuti, ma noi ci accontentiamo. O no? Alla fine del G8 quello che importa, pare, è dire che sia stato un successo della "promozione di questo territorio", come se il summit sull'agricoltura polanetaria devosse essere una parata ad uso e consumo della promozione turistica. Bah. Che sapore di provincialità.
Comunque, tranquilli: alla storia siamo passati. Finalmente il prosecco ha battuto il precedente record dello champagne quanto a bottiglia più grande del mondo. Mondo che, da ieri, è evidentemente un posto migliore.

mercoledì 15 aprile 2009

IL MIO G8 DELL’AGRICOLTURA



Eccoci - quasi - arrivati all’appuntamento del G8 dell’agricoltura di Cison di Valmarino, nella speranza che la sostanza prevalga sulla forma del grande evento. A questo proposito mi si permetta: un G8 non è roba da poco, ma c’è aria di compiacimento per il grande evento, nella solita provinciale salsa, cioè ci imbellettiamo perché siamo noi ad ospitare il “grande appuntamento” e questo, retoricamente (già mi aspetto la conta: quante porzioni di Pevarada, quante bottiglie di vino locale bevute, magari qualcuno farà i conti dell’indotto economico e roba così) sembra essere predominante sull’importanza della riunione.
Oggi ho dato una scorsa ai temi sul tavolo: prodotti standard e doc, ruolo dell’economia agricola, Ogm, volatilità dei prezzi, competitività dei paesi del Terzo Mondo.
Non mi aspetto, da un G8, altro che un ragionamento economico. E mi pare ovvio. Mi piacerebbe, ma non me la aspetto, una riflessione sul ruolo dell’agricoltura, che fa economia ma è anche una attività dedita al sostentamento.
La colonizzazione produttiva (ad esempio l’occupazione delle terre nei paesi poveri per produzioni ricche, a discapito di quelle per l’alimentazione di base, la questione africana, la calmierazione dei prezzi, la redistribuzione, il rapporto tra agricoltura, industria e urbanizzazione, le condizioni di lavoro di chi fatica sui campi, magari in Cina, magari gli operai tibetani costretti a piantare riso per due, ma davvero due lire), l’ingiustizia di un primo Mondo che, essendo un terzo della popolazione planetaria si prende due terzi delle risorse – anche agricole – hanno o non hanno dignità nella discussione?
L’agricoltura sostenibile, a cui giustamente pensa il Ministro Zaia, non è solo quella dei prodotti locali da difendere, delle certificazioni di qualità (che spesso sono solo un motivo per tirare su i prezzi) e della lotta alla concorrenza “sleale”. E’ sostenibile l’agricoltura che, pur essendo attività economica, riesce a strutturarsi in una maniera equa, che non esclude, per colpa del suo essere mercato, parte della popolazione del Mondo dall’accesso al pane e all’acqua.
Anche di questo mi piacerebbe si parlasse al G8. Raccogliendo quel monito di Papa Benedetto contro l’indifferenza degli Stati alle grandi tragedie di povertà e di fame, che sono un monumento al fallimento delle politiche agricole attuali. O no?

Ps: leggo dichiarazioni (su Il Gazzettino di Treviso, pag. III) sul “ritorno di immagine” del G8, per effetto dei 500 media accreditati. Come volevasi dimostrare ….

martedì 14 aprile 2009

IL BALZELLO AI DISABILI

Ieri, cioè il Lunedì di Pasqua, sono stato interpellato da un amico giornalista de La Tribuna di Treviso sull'ennesima evoluzione polemica della questione che riguarda il Park della Vittoria. Mi sarebbe piaciuto, ma ovviamente io sono solo un consigliere comunale e quello di cui di vi sto parlando è una vicenda a respiro provinciale,che Alessandro Zago mi avesse chiesto della "tassa" che gli istituti che si occupano dell'assistenza dei disabili hanno deciso di applicare sulle famiglie. da 30 a 90 euro, per l'esattezza.
Petrchè capisco le argomentazioni di Liviana Scattolon, presidente della Conferenza dei Sindaci, che in mancanza di adeguata copertura finanziaria da parte degli enti locali - soprattutto la Regione - ha detto: o si chiedeva la compartecipazione alle famiglie o si chiudeva e non si erogavano più i servizi.
Ma che Stato è quello che abbandona le persone in condizione di bisogno, che smette di garantire a tutti una copertura sanitaria e di assistenza di qualità e che discrimina sulla base del censo? Perchè la storia è esattamente così: chi non paga perderà il posto. Tradotto: chi non può pagare (30 o 90 euro forse non fanno una grande differenza, forse; ma per qualcuno si tratta di una spesa in più che comunque pesa sul bilancio familiare) non sarà assistito.
Nello stesso giorno in cui Tribuna di Treviso riporta questa notizia, con il commento del consigliere regionale del Pd Bottacin che si "fa portavoce" di quelle famiglie, a pagina 9 leggo dei superstipendi dei superdirgenti delle Usl regionali: circa 13 mila euro al mese.
Guardate: non sarò io a fare polemica paupersista. Sono convinto che chi lavora bene, con professionalità, capacità e risultati, debba essere giustamente remunerato adeguatamente. Ma non posso nascondervi che davanti alla richiesta di pagare, fatta alle famiglie che hanno un disabile ospite di un centro di assistenza, i superstipendi dei supermanager, i super premi e tutti i superprivilegi della casta poltica, o di quella a nomina poltica, un po' fanno pensare ad uno Stato che sa riconoscere, tra virgolette, il merito dei potenti, ma che non sa più proteggere le persone deboli che hanno bisogno.

martedì 7 aprile 2009

IL TERREMOTO ED IL PIANO CASA


Dire che il piano casa servirà alla ricostruzione dei paesi sconvolti dal terremoto dell'altra sera in Abruzzo è un po' come sostenere che un calcio nel culo è utile a curare un depresso. Ma non è questo il tempo delle polemiche. Semmai sarebbe il momento di fare tutti, in maniera responsabile, una riflessione, a proposito di case e di recuperi edilizi.
Il nostro è un paese fortemente sismico, in cui però i criteri dell'edilizia anti-terremoti sono ampiamenti disattesi. Dai privati, certo, ma anche dallo Stato, che non controlla. Si dirà: mica siamo il Giappone. No, siamo peggio del Giappone, per "qualità" sisismica. Ma in Giappone un terremoto come quello dell'altra sera non avrebbe fatto il disastro che ha fatto all'Aquila.
Invece di far costruire e ricostruire con i criteri strampalati del cosiddetto piano, il Governo farebbe bene a lanciare una grande manovra edilizia ma per incentivare la riqualificazione antisismica dell'Italia. Altro che villette più grandi del 30%: magari servirebbereo villette, e condomini, più sicuri.
Qualcuno ci penserà? Dubito. Perchè in Italia tutto quello che ha a che fare con le regole non viene considerato economicamnente produttivo. Ma tutti quei morti dell'altra sera, quelli dell'altro terremoto che colpì Abruzzo e Molise ( la scuola crollata) e i fatiscenti edifici in cui spesso mandiamo a fare educare i nostri figli (ce ne sono, di scuole fuori norma, anche nella ricca Marca Trevigiana) dovrebbero farci riflettere su quello che davvero serve e quelle che sono davvero le priorità.