lunedì 9 febbraio 2009

MALATTIE CLANDESTINE

Verrebbe da dire che non è la poltrona di governatore del Veneto quella a cui Giancarlo Galan dovrebbe aspirare per il prossimo futuro. Rigore e buon senso, visione e strategia, forza della provocazione ma anche capacità di essere concreti andrebbero spesi meglio e, soprattutto, dove ne abbiamo più bisogno.

Al governo di Roma, per esempio. Più Galan e meno pasdaran, potrebbe essere lo slogan, visti e considerati alcuni capolavori normativi che la politica dell’apparenza, tutta spostata sulla forma e la propaganda più che sull’intelligenza, riesce a sfornare.

L’ultimo di questi prodigi è il decreto sicurezza. Soprattutto in due punti: usare i medici come maglia della rete di controllo contro i clandestini e legalizzare le ronde di cittadini a rafforzamento del presidio del territorio.

Sulla prima il giudizio più netto e più giusto lo ha espresso proprio Galan: andremo a creare malattie clandestine, ha detto il governatore. Ed ha centrato il problema: se un disperato che viene da un paese sottosviluppato, dove esistono malattie endemiche che da noi non ci sono mai state, o non ci sono più, viene a sapere che andando a curarsi rischia di essere rispedito a casa (dove peraltro, e probabilmente, non lo curerebbero comunque) cosa pensate che farà? Se ne starà nascosto, ovviamente. Si terrà la malattia e così, forse, la diffonderà pure.

Possibile che a Roma non ci abbiano pensato? E’ possibile. Perché quello che conta non è l’efficacia del provvedimento in sé, ma apparire rigorosi e severi all’elettorato, alla gente spaventata. Essere più cattivi, se riferito agli immigrati, come ha auspicato, o forse solo anticipato, il ministro Maroni.

Tutto si può dire del governatore Galan, ma non che sia uno che strizza l’occhio alla clandestinità, che sia affetto da estremismo “terzomondista”, che non stia dalla parte di chi ha fatto del rigore, della necessità del rispetto del diritto e dell’affermazione intransigente della legalità valori fondamentali della politica.

Ma non è un irragionevole, né un pasdaran. Accuse invece che si possono muovere alla maggioranza a Roma, che con quel provvedimento ha compiuto un clamoroso autogol: spinge gli irregolari nel profondo della clandestinità, crea sacche di invisibili, persino irrintracciabili. Non solo senza patria, senza diritti, facili preda, purtroppo, anche di fenomeni di criminalità; ma anche potenziali e inconsapevoli untori.

Se la clandestinità è un problema, se non riusciamo ad opporre un muro all’esercito di disperati che non vogliamo far entrare in maniera disordinata ed illegale nel nostro paese, è evidente che la legge esistente , ed il suo sistema di controlli, hanno qualche cosa che non funziona. Questo sarebbe il vero nodo da sciogliere. Esporre la popolazione ai rischi di una caduta dei livelli minimi di sicurezza sanitaria è invece un gesto di grave irresponsabilità.

Ma non è finita qui. Perché il governo, nell’ansia di mostrare i muscoli del rigore e della fermezza, dopo aver spedito l’esercito nelle città adesso vuole arruolare anche le ronde di civili. Bella trovata: non vogliamo potenziare le forze dell’ordine, quindi mandiamo l’esercito a fare cose con cui l’esercito non c’entra nulla. E non potendo mettere più pattuglie per la strada, e dal momento che non possiamo proteggere i cittadini con carabinieri e polizia, chiediamo alla gente di proteggersi da sé. Non ci sono soldi, si dice. Certo, ma i cinque miliardi regalati a Gheddafi non stavano meglio nelle tasche del ministero dell’Interno per acquistare mezzi, arruolare personale, migliorare la rete dell’infrastruttura delegata al controllo dei nostri territori?

Al contrario, per mettere in sicurezza strade e vicoli della nostra città dovremo contare sui cittadini. E, piaccia o non piaccia ammetterlo, dovremo affidarci non al cittadino spaventato e volenteroso, ma a tanti Rambo locali con la testa calda.

Non c’è dubbio che contro i clandestini serva la mano ferma. Ed è fuori questione che serve più presidio del territorio, più capacità di controllo e prevenzione. Ma questi sono compiti da affidare a professionisti.

Ci sono due modi di affrontare queste questioni: le sparate pubblicitarie, che oramai sono il sale della politica italiana, o il buon senso. Il modo di Galan, o quello dei pasdaran. Peccato che a Roma abbiano scelto il secondo.

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