giovedì 26 marzo 2009

I ROSPI DEL PRESIDENTE (il mio editoriale di oggi su Tribuna di Treviso)


Con il colpo di spugna con cui ha cancellato il consiglio comunale che doveva tenersi ieri per discutere del bilancio, si è alzato il sipario su quella farsa teatrale a cui è oramai ridotta, e finalmente lo si vede tutti con chiarezza, la prassi delle istituzioni e della politica a Treviso.
Le Lega di regime ha nuovamente mostrato i muscoli, ha umiliato le regole e ridicolizzato i propri alleati del Popolo delle Libertà, diventati inconsapevoli co-protagonisti dell’ennesimo colpo di mano partitocratrico da parte di un ristretto direttorio padano che, in virtù del 50 più uno per cento di voti ottenuti alle elezioni, pensa che il mandato ricevuto non sia ad amministrare ma a comandare.
Mai, neppure durante i due monocolore sotto la ferrea guida di Gentilini, la maggioranza in consiglio comunale aveva dimostrato un così coraggioso e sfacciato disprezzo delle regole e del Consiglio, organo elettivo in cui si dovrebbe formare la volontà popolare dei trevigiani (anche di quelli che hanno votato per le minoranze) e che invece il Carroccio ha ridotto a inutile e fastidioso rituale a cadenza mensile, un mero notaio delle decisioni della giunta. Anzi: sulla mattanza delle regole aveva vigilato lo stesso Sceriffo, duro con gli avversari quanto era duro ed esigente nei confronti dei suoi assessori e della maggioranza consiliare.
Al di là delle questione tecniche – il bilancio, le promesse di Maroni, l’allargamento dei vincoli del patto di stabilità, il pasticcio indecente dei piani finanziari, da cui si scopre anche quanto manchi all’Ente l’esercizio indipendente di un organo di controllo sulla legittimità e la forma degli atti amministrativi – il dato è tutto politico. La Lega sovietica, monolitica perché tenuta insieme da una severa e rigidissima disciplina di partito, è oramai una vera oligarchia di potere che fa e disfa a proprio piacimento: fa e disfa i programmi ma anche le regole, la forma come la sostanza. E tratta il Popolo delle Libertà come i comunisti polacchi facevano con il Partito dei Contadini: un alleato di facciata, in realtà solo dei portatori d’acqua. “Utili idioti”, per dirla alla Togliatti. Come altro si spiega che il pidiellino Presidente del Consiglio, l’altra sera, non sapesse nulla della decisione di Gobbo, comunicata dal capogruppo leghista Zampese, di cancellare il Consiglio Comunale?
Verrebbe da chiedersi quale sia la trama dei patti di potere che tiene in piedi questo simulacro di alleanza e che a Treviso ha convinto il centrodestra a costringersi di guardare la politica dall’altezza di uno zerbino.
E viene anche da chiedersi quanti altri rospi debba mandare giù in futuro gente per bene come il capogruppo Beppe Mauro e il presidente del Consiglio Renato Salvadori. Quest’ultimo, in particolare, è stato politicamente violato, spogliato delle sue funzioni, delle sue prerogative, della sua carica; ed è stato anche offeso rispetto al prestigio, niente affatto di facciata, che il suo ruolo istituzionale merita.
Non ci sarebbe da stupirsi se, a stretto giro di posta, Salvadori presentasse sul tavolo della conferenza dei capigruppo e sulla scrivania del Sindaco le sue dimissioni. Che non sarebbero un atto di resa o una ammissione di debolezza, ma piuttosto lo scatto d’orgoglio e dignità, legittimo e condivisibile, di chi non vuole rendersi complice dei modi autoritari e padronali con cui i leghisti riescono a gestire, praticamente da sola, gli affari di Ca’ Sugana, come se il Municipio e la città fossero cosa loro.
Negli ultimi giorni in tanti hanno scritto e detto su quale sia il modello di politica che si sta affermando in Italia, tra caudillismo a legittimazione popolare, democrazia autoritaria o vera e propria fine dell’esperienza democratica come l’abbiamo intesa fino ad oggi.
Treviso, a questo dibattito, offre un contributo illuminante e inquietante, soprattutto in vista del federalismo che verrà, quando cioè le classi politiche locali diventeranno sempre più importanti nella gestione degli affari pubblici. Qui si è infatti oramai affermato il modello dell’oligarchia arrogante, purtroppo spesso anche incapace, autoritaria e presuntuosa.
Il popolo, a maggior ragione se “delle libertà”, è ormai ampiamente avvisato, ma non per questo mezzo salvato.

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