lunedì 23 marzo 2009

LE ORDINANZE NON BASTANO (il mio editoriale di ieri su Tribuna di Treviso)


Parlando di accattonaggio, carità chiesta fuori dalle chiese e pugno di ferro contro i mendicanti, la prima cosa da evitare è il bagno di ipocrisia.

E’ vero: l’ordinanza della Giunta rischia di passare per il solito provvedimento “borghesotto” tagliato su misura per una città che si dice, e soprattutto si mostra, opulenta ma anche indifferente rispetto alla disperazione di chi invece sta ai margini della società.

E’ anche vero, però, che dietro ai tanti mendicanti che vediamo agli angoli delle strade, non solo di Treviso, non ci sono solo storie di miseria e disperata solitudine, ma c’è anche quella cosa spregevole e immonda che è il racket criminale delle persone. Usano bambini, portatori di disabilità e donne (anche incinte) per intenerire il cuore del passante e lucrare, spicciolo dopo spicciolo, come moderni schiavisti. Facevano scrivere, qualche anno fa, cartelli cartone in cui si faceva credere che il mendicante fosse un profugo della guerra in Bosnia; invocano oggi aiuto per figli, numerosi e sempre malati.

Il Comune non può, da solo, affrontare la guerra allo schiavismo, ma di certo è in grado di contribuire. Tenere fuori dalle città queste situazioni può indubbiamente essere utile, soprattutto se non si tratta di iniziative estemporanee di questo o quel municipio, ma di azioni coordinate, finalizzate a stroncare anche la migrazione degli infami, e purtroppo anche delle loro vittime, da una città all’altra.

Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia. Se è contro lo sfruttamento che ci si rivolge, se è l’immondo uso di bambini, di malati, donne e anziani quello contro cui ci si vuole rivolgere, buttare fuori i mendicanti dai centri storici non è abbastanza. Soprattutto non risolve i problemi di queste persone sfruttate. Limitarsi a mostre il pugno duro, la mano pesante dell’ordine e della legge, non cambia di molto le condizioni dei disperati. Ai quali, senza curarsi troppo della loro origine etnica o nazionalità, si dovrebbe dare un ricovero che non sia solo un tetto o un piatto di minestra calda calda, ma anche una occasione di riscatto. Questa sarebbe la vera carità di cui gli emarginati hanno bisogno.

Fa bene la Giunta di Treviso a dichiarare guerra all’orrore del racket di uomini; ma farebbe ancora meglio se attrezzasse il Comune di strumenti di assistenza sociale più funzionali e meglio finanziati per i poveri, sfruttati o meno. E se, con lo stesso piglio combattente con cui annuncia e poi attua la crociata contro l’accattonaggio, si facesse promotore di iniziative coordinate in questo senso tra tutte le altre amministrazioni comunali.

Per quanto riguarda Treviso ci sono però scelte che inducono a pensare che il capitolo del “sociale”, e in particolare le parti che riguardano più direttamente le situazioni di evidente e grave degrado e marginalità, siano tra gli ultimi pensieri di Sindaco, assessori e maggioranza. Non lo dico io: lo dicono gli stanziamenti scritti nel bilancio che il Consiglio Comunale. Qualche migliaio di euro per infanzia e donne in difficoltà, qualche migliaio di euro per il disagio degli anziani soli.

Se da un lato non si deve cadere nella trappola di quell’ipocrisia banale con cui qualcuno, semplificando al massimo, ha aspramente criticato l’ordinanza contro l’accattonaggio, dall’altra non possiamo chiudere gli occhi davanti alla doppia morale della giunta: che dice di non avercela con i poveracci, ma che per questi poveracci, fossero ad esempio bambini in grave stato di abbandono o donne sfruttate al limite dell’umanità e della dignità o anche solo poveri cristi davvero ridotti in miseria dalla sfortuna, fa la scelta, necessariamente “politica”, di non mettere soldi veri per veri strumenti di difesa e assistenza.

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