mercoledì 15 aprile 2009

IL MIO G8 DELL’AGRICOLTURA



Eccoci - quasi - arrivati all’appuntamento del G8 dell’agricoltura di Cison di Valmarino, nella speranza che la sostanza prevalga sulla forma del grande evento. A questo proposito mi si permetta: un G8 non è roba da poco, ma c’è aria di compiacimento per il grande evento, nella solita provinciale salsa, cioè ci imbellettiamo perché siamo noi ad ospitare il “grande appuntamento” e questo, retoricamente (già mi aspetto la conta: quante porzioni di Pevarada, quante bottiglie di vino locale bevute, magari qualcuno farà i conti dell’indotto economico e roba così) sembra essere predominante sull’importanza della riunione.
Oggi ho dato una scorsa ai temi sul tavolo: prodotti standard e doc, ruolo dell’economia agricola, Ogm, volatilità dei prezzi, competitività dei paesi del Terzo Mondo.
Non mi aspetto, da un G8, altro che un ragionamento economico. E mi pare ovvio. Mi piacerebbe, ma non me la aspetto, una riflessione sul ruolo dell’agricoltura, che fa economia ma è anche una attività dedita al sostentamento.
La colonizzazione produttiva (ad esempio l’occupazione delle terre nei paesi poveri per produzioni ricche, a discapito di quelle per l’alimentazione di base, la questione africana, la calmierazione dei prezzi, la redistribuzione, il rapporto tra agricoltura, industria e urbanizzazione, le condizioni di lavoro di chi fatica sui campi, magari in Cina, magari gli operai tibetani costretti a piantare riso per due, ma davvero due lire), l’ingiustizia di un primo Mondo che, essendo un terzo della popolazione planetaria si prende due terzi delle risorse – anche agricole – hanno o non hanno dignità nella discussione?
L’agricoltura sostenibile, a cui giustamente pensa il Ministro Zaia, non è solo quella dei prodotti locali da difendere, delle certificazioni di qualità (che spesso sono solo un motivo per tirare su i prezzi) e della lotta alla concorrenza “sleale”. E’ sostenibile l’agricoltura che, pur essendo attività economica, riesce a strutturarsi in una maniera equa, che non esclude, per colpa del suo essere mercato, parte della popolazione del Mondo dall’accesso al pane e all’acqua.
Anche di questo mi piacerebbe si parlasse al G8. Raccogliendo quel monito di Papa Benedetto contro l’indifferenza degli Stati alle grandi tragedie di povertà e di fame, che sono un monumento al fallimento delle politiche agricole attuali. O no?

Ps: leggo dichiarazioni (su Il Gazzettino di Treviso, pag. III) sul “ritorno di immagine” del G8, per effetto dei 500 media accreditati. Come volevasi dimostrare ….

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