lunedì 14 dicembre 2009
IL DOVUTO E L'IMPOSSIBILE
C’è più di una maniera di leggere l’aggressione che ha avuto come vittima ieri il presidente del Consiglio. La prima è che si tratti di un fatto figlio della campagna di “odio” nei confronti di Silvio Berlusconi, un primo ministro che scambia le accuse di natura politica per un insulto personale, neanche lui fosse l’alfa e l’omega di tutto quello che esiste in Italia e di quello che l’Italia è.
L’altro è dire, semplicemente e con una spruzzata di buon senso, che il gesto isolato di una persona che non è evidentemente mosso da accanimento e odio politico ma da un malessere psicologico (magari Berlusconi gli stava antipatico, ma lo è anche a milioni di italiani che non si sognerebbero mai di prenderlo a pugni in faccia) e non descrive un clima.
Clima che non è di odio per Berlusconi, ma di tensione sì. Tensione per un Paese che non esce dalla crisi anche perché, va detto, governato da un premier che pensa a se stesso e ai suoi problemi giudiziari (e a come risoverli con una legge, non con un processo) dieci volte di più di quanto pensa ai problemi sociali ed economici.
Fare di un gesto folle e sconsiderato una tappa del processo di martirizzazione, beatificazione e santificazione del leader è una tentazione a cui che quelli del Pdl (e in parte della Lega) non sono riusciti a resistere. Scarso il livello di censura del gesto in quanto offesa prima ad una persona, poi anche ad una istituzione. Piuttosto prevale quel retrogusto di ceauseschismo, leaderismo venerante, adorazione paganeggiante, di uno, Silvio Berlusconi, che fa il presidente del Consiglio e miracoli non ne ha ancora compiuti, almeno non in pubblico.
Essere consapevoli che il clima in Italia è bruttino, che la tensione c’è ed è destinata ad aumentare anche per responsabilità di Berlusconi (lui e Di Pietro a me sembrano le due facce della stessa medaglia dialettica) è cosa importante. Senza dimenticare che al clima contribuisce anche l’isteria giudiziaria del nostro Primo Ministro, che a me piacerebbe vedere battersi con tanta foga anche contro i licenziamenti, le cassa integrazione ed il destino misero e miserabile a cui sono destinati tanti lavoratori precari e le loro famiglie.
Il gesto è grave e inqualificabile, violento e quindi spregevole. Di qui a chiedere l’armistizio politico verso un governo che non governa ma “sgoverna”, però, ce ne passa. A Silvio Berlusconi vanno, doverose, tutte le rappresentazioni di solidarietà umana e istituzionale, perché il gesto violento è una offesa alla sua dignità di uomo, prima che al suo ruolo. Ma l’aggressione non basta ad assolverlo dal fallimento della politica di questo governo ostaggio della demagogia della Lega. L’umana comprensione e vicinanza sono una cosa, la giustificazione per l’assenza dell’esecutivo dall’occuparsi del paese è un’altra. Le prime sono dovute, la seconda è impossibile.
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